FRANTOI IPOGEI

Spesso i nostri nonni narravano che nel sottosuolo di Torre Santa Susanna esistevano dei trappeti per la molitura delle olive, indicavano più o meno il luogo, ma di preciso non esisteva niente. Finalmente dopo secoli, nel 2002 queste leggende si sono tramutate in realtà con l'individuazione del trappeto ipogeo in via Latiano, e l'altro in L.go Moccia. Si è voluto iniziare questo lavoro di documentazione di Torre sotterranea per una serie di motivi: il primo per documentare, prima che sia troppo tardi la reale consistenza di tutto quanto vi è nel sottosuolo della parte antica del paese (almeno quello che è rimasto), il secondo per dimostrare ai giovani d'oggi com'era il lavoro dei nostri avi, terzo per permettere ai soliti scopiazzatori intellettuali di riscrivere questa ricerca facendo il copia e incolla senza nessun lavoro. Un tempo buona parte del sottosuolo di Torre antica era scavato e questo, sia per la friabilità della roccia, sia per la necessità di ricreare un ambiente secco e caldo per facilitare il distacco dell'olio dalla pasta macinata delle olive. In questi antri, creati nel sottosuolo, avevano sede i frantoi ipogei, chiamati nei termini locali "TRAPPITI". Questi progenitori di quella che con il tempo sarebbe stata la "rivoluzione industriale", fu per molti secoli fonte di grande economia per tutto il Salento, trainando con sé non solo il sistema di trasformazione del prodotto, ma anche l'agricoltura ed il commercio, in quanto l'olio prodotto nel salento veniva richiesto ed esportato in tutta l'Europa. I FRANTOI (dal latino TRAPETUM o TRAPETUS) hanno subìto un declino inesorabile tale da essere stati completamente abbandonati. Il termine Trapetum deriva dal nome che gli antichi romani davano alla macchina frantoio per la molinatura delle olive e per la separazione del nocciolo dalla polpa. Il Trapetum serviva quindi nella fase iniziale a schiacciare le olive e a separare il nocciolo e il liquido amaro dalla polpa.

Catone descrisse le varie parti del Trapetum tipico della regione Campania, e 'trapetum' è anche menzionato nelle Georgiche di VIRGILIO.

Ciascun frantoio è costituito da spazi distributivi organici e funzionali di notevole interesse architettonico ed estetico: ambienti di deposito, di lavoro, di soggiorno, cucina, dormitorio degli operai e la stalla (che era contenuta all'interno del frantoio) dove riposava il mulo o l'asino.

Questi ambienti erano privi di luce diretta, tranne che uno o due fori praticati al centro della volta del vano principale. In questi ambienti, il lavoro dei trappeti per la molinatura delle olive era assai lungo; gli operai erano presenti almeno sei mesi all'anno. Il lavoro cominciava quasi sempre verso la fine di ottobre e continuava incessantemente, fino a dopo Pasqua. Dopo la colonizzazione basiliana (dal 500 al 1000), nei secoli X e XI l'olio salentino veniva esportato a Costantinopoli. Nel 1400 e maggiormente nel 1500 l'Olea europea estese la sua superficie produttiva in tutta la sub regione meridionale della Puglia che è ricca di queste antiche industrie olearie, i cosidetti trappeti ipogei "a grotta" (torcularium), che rappresentano le ultime tracce della fiorente civiltà rurale del 1500. Durante il Regno di Napoli, il Salento e la terra di Bari vantavano il primato nella produzione olearia. A conferma d'una enorme produzione d'olio, l'ultimo lembo di terra Italiano è ricco di queste strutture architettoniche, che hanno rappresentato non solo la fondamentale risorsa economica dell'antica provincia di Terra d'Otranto di cui Torre faceva parte, ma anche una delle principali fonti di ricchezza finanziaria del regno di Napoli attraverso le imposizioni fiscali sull'esportazione dell'olio. Cardine del mercato dell'olio è stata sin dal 1500 agli inizi del 1900 la città di Gallipoli che, con i suoi cinquecento (circa) frantoi, ha rappresentato una delle più importanti piazze commerciali su scala europea.

Il  frantoio ipogeo o trappeto ipogeo è il testimone nascosto di una millenaria civiltà, di uomini e bestie asserviti ad una fatica estenuante, necessaria per far sgorgare, alla fine di lunghi processi di lavorazione, l’oro liquido.
Come l'ulivo è l'aspetto paesaggistico caratterizzante del panorama agricolo torrese, anche il trappeto sotterraneo è stato parte imprescindibile della cultura economica e sociale del paese, il luogo in cui si è concretizzata, o ridimensionata, o svanita, la speranza per la stragrande maggioranza della popolazione di affrontare la stagione invernale in maniera meno stentata.

I vecchi frantoi ipogei conservano, in modo estremamente distinto, i segni della forte e paziente mano dell'uomo e posseggono una spazialità propria degli edifici religiosi, fatta di penombre e di silenzio.
Sono spazi che si sentono immediatamente familiari, che invitano a penetrarli, a conoscerli, a riviverli, perché sono stati costruiti da padri che pensavano alle necessità dei figli.

Perché ipogei? Il motivo più comunemente noto che faceva preferire il frantoio scavato nel sasso a quello costruito a pianterreno era la necessità del calore. L'olio, infatti, diventa solido verso i 6° C. Pertanto, affinché la sua estrazione sia facilitata, è indispensabile che l'ambiente in cui avviene la spremitura delle olive sia tiepido.
Il chè poteva essere assicurato solo in un sotterraneo, riscaldato per di più dai grandi lumi che ardevano notte e giorno, dalla fermentazione delle olive e, soprattutto, dal calore prodotto dalla fatica fisica degli uomini e degli animali. Accanto a questo, tuttavia, vanno considerati altri motivi, principalmente quelli di ordine economico.
Il costo della manodopera per ottenere un ambiente scavato era relativamente modesto perché non richiedeva l'opera edilizia di personale specializzato, ma solo forza di braccia, e non implicava spese di acquisto e di trasporto del materiale da costruzione. Il frantoio ipogeo, inoltre, presentava il vantaggio di permettere il rapido e diretto svuotamento dei sacchi di olive nelle cellette sottoposte, attraverso le aperture che avevano al centro della volta, facendo risparmiare, anche questa volta, tempo e manodopera.

Anche lo smaltimento degli ultimi residui della produzione olearia era agevolato dalla facilità con cui potevano trovarsi, data la natura carsica del sottosuolo, le profonde fenditure naturali che ingoiavano ogni traccia di quei rifiuti. A partire dal XIX secolo i frantoi ipogei furono progressivamente dismessi  per ragioni molteplici conseguenti soprattutto all'evoluzione industriale ed a più raffinati ed idonei processi di lavorazione e sostituiti gradualmente da frantoi semi-ipogei ed infine in elevato.

Ma il disuso, l'usura del tempo, i decori di gusto primitivo che ornano i vecchi trappeti ipogei, ed ancora la varietà delle piante (a raggiera, longitudinale, multilineare, a camera, ecc.) che ne caratterizzano l'aspetto spaziale, probabilmente suggerito dalla costituzione del sottosuolo più che da una preordinata idea funzionale, ed infine i resti di macchine ciclopiche ancora ivi presenti, concorrono assieme a realizzare in ogni trappeto una magia ogni volta singolare.

I LAVORANTI:

Di solito i trappitari erano quattro più il loro capo chiamato "NACHIRO" e di solito erano operai stagionali che mentre nel periodo estivo svolgevano il mestiere di “villani”, nella stagione fredda, si chiudevano in questi antri sino alla fine della stagione della spremitura.  I loro rapporti con l'esterno erano abbastanza limitati ed avevano ritmi di lavoro altissimi. Si può ben dire che il loro lavoro venisse svolto 24 ore su 24 con turni di riposo nell'interno dello stesso frantoio in modo da essere svegliati in caso di necessità.

Anche agli stessi contadini che dovevano conferire le olive per la macinatura era vietato l'ingresso nell'interno del trappito per evitare il verificarsi di furti sia di olive che di olio.

Il conferimento delle olive al trappeto, per la loro macinatura avveniva dalla strada, dove attraverso le "SCIAVE", sorta di camini scavati nella pietra che collegavano la strada al frantoio, le olive venivano buttate  nell'interno del frantoio stesso in attesa della loro lavorazione.

Al suo turno la partita conferita veniva immessa nella vasca di macinazione e ricordiamo che ogni vasca macinava circa sei tomoli di olive corrispondenti a circa 200 chilogrammi,  misura derivata non dalla capacità della vasca, bensi alla capacità di un piccolo torchio.

Infatti dopo la macinatura a schiacciamento,  la pasta macinata veniva depositata sui fisculi che impilati venivano messi sul torchio piccolo chiamato "MAMMAREDDA" per subire una prima spremitura dopo di che rinmessi nella vasca di macinazione per rimpastarsi e, sempre con lo stesso procedimento di stesura sui fisculi, passare al torchio grande chiamato dai trappitari "LU CONZU".

LE UNITÀ DI MISURA USATE:

Per prima cosa bisogna dire che dette unità di misura erano diverse per le olive e per l'olio infatti per le olive abbiamo quale unità di misura principale "LU STUPPIEDDU", pari a circa 10 Kg. di olive e lu "TUMMUNU" pari a circa 33 Kg. di olive, la vascata, come detto prima, corrispondeva a sei tummini, cioè circa 200 kg. di olive. Passando all'olio abbiamo: la "SCIUANNA" recipiente di latta, capace di venti chili di olio, a due anse, avente verso l'alto e da un lato solo un bavaglino rialzato sempre di latta, che, nell'uso, impediva all'olio che colasse lungo la parte esterna del recipiente medesimo.

Dopo abbiamo "LU STARU" (lo staio): contenitore della capacità di 16 Kg. di olio. Sua sottomisura era "LA MINA" contenitore della capacità di otto chili di olio. Poi ancora abbiamo "L'OTTU PIGNATIEDDU", contenitore della capacità pari a quattro chili di olio, ed infine "LU  PIGNATIEDDU" contenitore della capacità di mezzo chilo di olio.

TIPI DI FRANTOI:

Frantoio ipogeo verticale: la struttura si presenta ricavata all’interno di banchi tufacei o calcarei, di solito scavata a mano da cavamonti chiamati “foggiari”. Lo spessore tra l’intradosso della volta interna degli ambienti ed il piano di calpestio superiore, varia da ml. 0,80 a ml. 2,00. Tali strutture sono state realizzate sino agli inizi del 1800.

Frantoio semi-ipogeo: gli ambienti si presentano con una copertura eseguita con conci di tufo (carparo) che poggia direttamente sulla roccia o su muratura in alzato, di varia altezza. Queste coperture a volta possono essere al di sopra o al di sotto del piano di campagna. Tali strutture sono state realizzate dal 1800 al 1900

Frantoio industriale: in tali strutture tutti gli ambienti vengono costruiti al di sopra del piano di campagna e sono realizzati sin dai primi anni del 1900.

 

 

FRANTOIO IPOGEO DI LARGO MOCCIA al momento del ritrovamento

mulino13.JPG (59903 bytes)

mulino14.JPG (54512 bytes)

mulino12.JPG (63505 bytes)

FRANTOIO IPOGEO DI LARGO MOCCIA DOPO IL RESTAURO (fruibile)

FOSSE GRANAIE in PIAZZA UMBERTO I^

 

DISEGNI di FRANTOI IPOGEI

DISEGNI di TORCHI

 

Mappa del frantoio ipogeo di L.go Moccia

 

2° FRANTOIO IPOGEO di via Latiano al momento del ritrovamento (non fruibile)

mulino_3.JPG (33238 bytes)

mulino_6.JPG (58275 bytes)

mulino_2.JPG (18597 bytes)

mulino_4.JPG (36308 bytes)

mulino_5.JPG (64430 bytes)

mulino1.JPG (17036 bytes)

mulino_9.JPG (31670 bytes)

mulino_10.JPG (57382 bytes)

mulino_8.JPG (60893 bytes)